REQUISITI DEL CONSENSO AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI



Iniziano già a vedersi le prime applicazioni della normativa sul trattamento dati dell’Unione Europea (GDPR). La Cassazione con sentenza n. 17278 del 02 luglio 2018 ha, infatti, meglio esplicitato il contenuto del consenso che l’utente debba dare al trattamento dei prorpi dati personali.


Il consenso viene definito dal GDPR come “qualsiasi manifestazione di volontà libera specifica, informata ed inequivocabile dell’interessato, con la quale lo stesso manifesta il proprio assenso, mediante dichiarazione o azione positiva inequivocabile, che i dati personali che lo riguardano siano oggetto di trattamento”.


Il consenso dunque è valido solo quando sia libero, specifico ed informato, e sarà onere del responsabile del trattamento dati provare la validità del consenso prestato. Il consenso valido non deve essere subordinato semplicemente alla sottoscrizione di un modulo cartaceo, bensì si può anche avere con altri tipi di dichiarazioni, tra cui la più comune attraverso il processo di autenticazione a due fasi (generalmente e-mail seguita da SMS).


La Corte di Cassazione con la sentenza del 02 luglio 2018 si è chiesta se sia libero e, dunque, valido il consenso al trattamento dei dati personali, a fini pubblicitari da parte di terzi, che l’utente è tenuto a prestare per utilizzare un determinato servizio online (nel caso di specie una newsletter).

Parte della giurisprudenza aveva tenuto in considerazione l’idea per cui il consenso può dirsi libero solo quando l’interessato compia realmente una scelta e non sia, quindi, obbligato a prestare il proprio consenso per evitare conseguenze negative. Ulteriormente, il consenso non è libero quando quanto non sia specifico e sia invece prestato indifferentemente per diversi tipi di trattamenti dati.


Il giudice di primo grado aveva così ritenuto il consenso prestato nel caso di specie come non valido in quanto non libero, poiché costituiva condizione obbligata per la fruizione dei servizi gestiti dal sito in questione.

La Corte di Cassazione, al contrario, ha ritenuto e ribadito che non trattandosi di un servizio né infungibile né irrinunciabile, il gestore del servizio online ben può negare il servizio offerto qualora l’utente decida di non prestare il proprio consenso anche all’utilizzo dei propri dati da parte di soggetti terzi a scopi pubblicitari.

Informazioni

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