COMUNIONE LEGALE O SEPARAZIONE DEI BENI?



Quando i coniugi si sposano devono scegliere anche il regime patrimoniale che vogliono applicare alla loro unione, cioè se mettere in comunione i loro beni oppure tenerli separati.


Al riguardo, moltissimi affermano che sia meglio per i coniugi il regime di separazione, ma sarà davvero così?

Cosa implica l’uno o l’altro regime? Quali sono le vere differenze giuridiche tra l’uno e l’altro?


Innanzitutto, è bene affermare che qualunque sia il regime patrimoniale scelto nell’atto di matrimonio questo potrà comunque essere modificato dai coniugi, successivamente.


Per quanto riguarda il regime di comunione legale dei beni, bisogna premettere che si tratta del regime patrimoniale applicato automaticamente dalla legge, qualora i coniugi non dichiarino espressamente di voler invece far luogo alla separazione dei beni (art. 159 c.c.).

Brevemente, questo regime patrimoniale si caratterizza per il fatto che i beni, anche acquistati dai coniugi singolarmente, prima o dopo il matrimonio, entrano a far parte della comunione che i coniugi instaurano con il matrimonio.

È come se con il matrimonio, si formassero tre diversi patrimoni: i due patrimoni dei coniugi composti dai beni personali; il patrimonio comune costituito dai beni previsti per legge.

Alcuni beni entrano immediatamente a far parte della comunione così instaurata; altri beni, invece, formano la cd. comunione de residuo, e cioè entrano a far parte della comunione solo quando sussistano, e non siano stati consumati, allo scioglimento della stessa.

Al momento dello scioglimento della comunione, dunque, coniugi saranno tenuti alla divisione dei beni, con la ripartizione dell’attivo e del passivo nonché con eventuali restituzioni e rimborsi.

Per quanto riguarda i beni personali, si può aggiungere che sono considerati beni personali anche quelli acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni personali quando, però, all’atto di acquisto venga specificatamente indicata tale circostanza.

Ad ogni modo, l’acquisto di beni mobili registrati (ad esempio le automobili) e dei beni immobili può essere escluso dalla comunione solo quando al momento dell’acquisto venga indicata tale volontà ed all’atto d’acquisto partecipi anche l’altro coniuge, dando il suo assenso.



La separazione dei beni disciplina, semplicemente, che i coniugi rimangono ciascuno titolare esclusivo dei propri beni, anche acquistati durante il matrimonio (art. 215 c.c.). La titolarità esclusiva dei beni permette a ciascuno dei coniugi di amministrarli e gestirli autonomamente, nonché di goderne personalmente.


Sicuramente, la separazione dei beni offre indubbi vantaggi soprattutto in considerazione del fatto che, nel regime di comunione dei beni, i creditori di un coniuge potranno rivalersi sui beni della comunione quando non riescano a soddisfarsi con i soli beni personali del coniuge debitore. I creditori potranno poi anche agire in via sussidiaria sui beni personali di ciascuno dei coniugi, nella misura della metà del credito, anche quando i beni della comunione non siano sufficienti a soddisfare i debiti su di essa gravanti.



È importante, dunque, che i coniugi scelgano consapevolmente il regime patrimoniale da adottare nel loro matrimonio, consci delle conseguenze che la comunione e la separazione comportano.



L’assistenza di un legale, in questi casi, può essere utile a dare un’indicazione sugli effetti che l’una o l’altra scelta possano avere nonché a redigere una convenzione specifica per il caso concreto.



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