CANNABIS LEGALE O ILLEGALE? La parola alle Sezioni Unite



Il 10 luglio 2019 è stata pubblicata la sentenza della corte di Cassazione a Sezioni Unite in tema di cannabis light (Cass. SS. UU. n. 30475/2019), che compara ed interpreta le disposizioni in tema di promozione della coltivazione della filiera agroindustriale della canapa con la disciplina che vieta la commercializzazione delle sostanze stupefacenti, nel cui elenco rientra anche la canapa.


In particolare, la prima disposizione che promuove queste coltivazioni (legge n. 242/2016), consente la coltivazione e la commercializzazione della canapa solo in ambiti determinati. Tra questi ambiti vi rientra anche quello di “alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori” (art. 2, lett. a), legge n. 242/2016).

Si tratta di una disciplina generica che, non essendo mai stata raccordata propriamente alla legislazione anti-stupefacenti (DPR n. 309/1990), ha posto subito dubbi e perplessità sulla rilevanza penale delle condotte di vendita ed acquisto di queste infiorescenze.

La normativa della legge n. 242/2016 fa riferimento, nello specifico, anche alla Cannabis Sativa L, che rientra, per la presenza del famoso principio attivo Delta-9-THC, proprio tra le sostanze di cui alle tabelle del DPR n. 309/1990.

L’orientamento giurisprudenziale favorevole (Cass. n. 4920/2019) riteneva che dalla liceità della coltivazione della cannabis deriverebbe la liceità dei suoi prodotti (e, quindi, il commercio) contenenti un principio attivo di THC (quello stupefacente) inferiore allo 0,6% (inferiore alla misura indicata dalla tabella ministeriale). Ad ogni modo, concludeva questo orientamento, la sussistenza del reato si può avere con il verificarsi delle condizioni e dei presupposti che ne determinano il superamento della soglia drogante nonché quando si provi anche la consapevolezza del consumatore.

Le Sezioni Unite (n. 30475/2019) hanno invece deciso di preferire l’orientamento più rigoroso, il quale ammette la rilevanza penale, ai sensi del DPR n. 309/1990, delle condotte di commercializzazione al pubblico di questi prodotti, per usi diversi da quelli stabiliti dalla legge n. 242/2016.

La condotta non sarà però punibile quando questi derivanti commercializzati siano da ritenersi privi di ogni efficacia drogante e psicotropa.

La questione non sembra ancora conclusa completamente.

Alcuni ritengono che sia compito del legislatore (e non dei giudici) provvedere in maniera più decisa per dipanare ogni dubbio interpretativo e dare finalmente certezza alla questione.

Altri, invece, affermano sia necessario proporre la questione alla Corte Costituzionale, affinché essa valuti la legittimità della normativa recentemente introdotta.

Si vedranno solo nel tempo i successivi sviluppi della vicenda normativa.

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