TELECAMERE DI SORVEGLIANZA SUL POSTO DI LAVORO: i limiti per la tutela della privacy dei dipendenti



La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte Edu) si è recentemente pronunciata in merito alla legittimità o meno dell’installazione di telecamere di sorveglianza dedite a supervisionare i dipendenti al lavoro (sent. Lòpez Ribalda e altri c. Spagna del 17 ottobre 2019).


Il caso si era svolto in Spagna, ove il direttore di un supermercato, a seguito delle segnalazioni di alcuni manager circa dei furti avvenuti all’interno del negozio, aveva deciso di installare dei sistemi di sorveglianza.


I lavoratori erano stati resi edotti solo in parte di tali misure di videosorveglianza, poiché alcune delle telecamere venivano posizionate di nascosto, senza darne loro conoscenza.


Le telecamere, ad ogni modo, riprendevano la sola zona delle casse all’interno del supermercato, (luogo aperto al pubblico), senza riprendere alcuna attività privata dei lavoratori.


Solo dopo un breve periodo, venivano scoperti i dipendenti responsabili dei furti e venivano così licenziati.


I lavoratori impugnavano il provvedimento di licenziamento.


Dopo una prima decisione da parte dei giudici nazionali, il caso è approdato davanti alla Corte Edu per sospetta violazione dell’art. 8 CEDU


Già precedente la Corte Edu si era espressa in tema di sorveglianza sul luogo di lavoro, con la sentenza Barbulescu c. Romania (sent. del 5 settembre 2017), la quale statuiva che la nozione di “vita privata” contenuta nell’Art. 8 CEDU è da interpretare in senso amplio con portata estendibile anche ai luoghi ove si svolge l’attività lavorativa.


Anche in questi ambienti, infatti, l’individuo sviluppa la propria identità sociale, che è elemento fondate della vita privata.


In merito al caso del 2019 sopra descritto, la Corte Edu ha affermato che le misure in quell’occasione prese non violavano le norme della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.


È necessario, infatti, da un lato bilanciare il diritto del datore di lavoro (a tutelare la propria attività commerciale/imprenditoriale) con il diritto alla riservatezza dei dipendenti.


Dall’altro lato, è lasciato un margine di apprezzamento ai singoli Stati (cd. margin of appreciation) nel poter adottare, o non adottare, norme interne che regolino la videosorveglianza all’interno dei luoghi di lavoro.


In questo senso, nel caso in esame, una adeguata disciplina di diritto interno in materia di privacy che tutelava adeguatamente la videosorveglianza attraverso un sistema di informative e di raccolta dati.


Altresì, si era in presenza di un fondato sospetto circa gravi irregolarità compiute dai dipendenti a danno dell’azienda.


Dunque, il diritto alla vita privata, applicabile anche nel luogo di lavoro, deve essere bilanciato con il diritto a tutelare le esigenze economiche del datore di lavoro.


La disciplina CEDU non sarà violata qualora la videosorveglianza non comporti una lesione delle attività private del lavoratore e le riprese siano di breve durata.

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