Sentenza delle Corte Costituzionale del 9 giugno 2021, n. 128.



Incostituzionale la proroga del fermo delle procedure esecutive

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 128 depositata il giorno 22 giugno 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, c. 14 del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 (Milleproroghe), ossia l’articolo che disponeva la proroga del blocco sfratti fino al 30 giugno 2021.

Tale pronuncia segue a sollevata questione di legittimità costituzionale, da parte dei Tribunali di Barcellona Pozzo di Gotto e di Rovigo,  della disposizione sopra citata con gli artt. 3, secondo comma24, primo comma47, secondo comma111 secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione.


Ciò in quanto la Corte ha ritenuto che la tutela giurisdizionale dei creditori non abbia ricevuto adeguato bilanciamento rispetto allo svolgimento delle procedure esecutive relative all’abitazione principale del debitore; ciò in quanto i giudizi civili, a seguito dell’iniziale sospensione, sono ripresi gradualmente con modalità compatibili con l’emergenza sanitaria, non giustificandosi quindi un’estensione così ampia del termine riconosciuto con proroga al blocco degli sfratti.


Pur riconoscendo il diritto di abitazione come un “diritto sociale” pienamente riconosciuto ai debitori esecutati, che rischiavano di essere esposti a notevole rischio sanitario in conseguenza dello sfratto- “il dovere di solidarietà sociale”, dice la Corte, “nella sua dimensione orizzontale, può anche portare, in circostanze particolari, al temporaneo sacrificio di alcuni a beneficio di altri maggiormente esposti, selezionati inizialmente sulla base di un criterio a maglie larghe: tutti i debitori esecutati che dimoravano nell’abitazione principale posseduta a titolo di proprietà o altro diritto reale” durante la prima fase dell’emergenza pandemica quindi bene che il legislatore abbia  “voluto evitare che tanto l’esecuzione del rilascio degli immobili quanto le procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale potessero costituire causa di aggravamento delle difficoltà economiche e fonte di preoccupazioni ulteriori per i debitori esecutati, ove esposti al rischio di perdere la disponibilità dell’abitazione principale”.

Ma la Corte ha altresì affermato che il sacrificio richiesto ai creditori, nel vedersi occupare un immobile di loro proprietà da debitore inadempiente per ben, considerate le proroghe, 14 mesi, avrebbe dovuto essere proporzionato rispetto alle reali esigenze di protezione dei debitori, prevedendo quindi dei criteri selettivi o quantomeno distinguendo fra situazione e situazione. La disposizione illegittima invece ha esteso i termini in modo troppo generalizzato, senza tenere conto dell’evolversi della situazione pandemica e delle reali esigenze di protezione dei debitori: il protrarsi del sacrificio richiesto ai creditori procedenti in executivis, che di per sé non costituiscono una categoria privilegiata e immune dai danni causati dall’emergenza epidemiologica, avrebbe dovuto essere dimensionato rispetto alle reali esigenze di protezione dei debitori esecutati, con l’indicazione di adeguati criteri selettivi quali previsti, tra gli altri, in materia di riscossione esattoriale”. Invece, il legislatore ha predisposto una semplice proroga, non bilanciando adeguatamente e con ragionevolezza il diritto di abitazione del debitore con il sacrificio del creditore conseguente al prolungato mancato rilascio, con corrispondente indisposizione del bene.


Ecco quindi che il legislatore sarà costretto a rivedere la proroga del blocco degli sfratti, prevedendo altre forme di tutela del diritto di abitazione del debitore in periodo pandemico, bilanciandolo con i giusti interessi giurisdizionali dei creditori.

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