MORTE DELL’ANIMALE DA COMPAGNIA: quale forma di tutela?



Ci si chiede quali tutele sussistano nel caso il proprio animale domestico venga attaccato, ferito o, addirittura ucciso, da un animale altrui.


La morte di un animale può essere causa di due diverse forme di responsabilità a carico del proprietario dell’animale che ha attaccato: una civile ed una penale.


Il diritto civile prevede un mero risarcimento del danno a favore del proprietario dell’animale ferito o ucciso.


Il diritto penale, invece, punisce il proprietario dell’animale che ha commesso il fatto, anche solo per aver omesso le opportune cautele atte ad evitare l’evento accaduto.


Per quanto concerne la responsabilità civile, il proprietario dell’animale che ha aggredito è tenuto al risarcimento extracontrattuale del danno causato, ai sensi degli artt. 2043 e ss. c.c.


Nello specifico, l’art. 2052 c.c. prevede una forma di responsabilità oggettiva del proprietario dell’animale aggressore, sia che l’animale fosse sotto sua custodia al momento del fatto sia che questo fosse fuggito o smarrito.


Il proprietario potrà dimostrare di non essere oggettivamente responsabile del fatto accaduto solo dando prova del caso fortuito, cioè di aver posto in essere tutte quante le cautele idonee ad evitare il fatto.


Il proprietario dell’animale aggressore sarà, cioè, considerato non responsabile solo qualora l’evento lesivo fosse imprevedibile ed inevitabile.


Per quanto riguarda la responsabilità penale, l’animalicidio può integrare mera contravvenzione oppure reato.


Il primo reato da ricordare è quello dell’art. 544 bis c.p., introdotto solo nel 2004 a tutela il sentimento degli animali.


L’art. 544 bis c.p. punisce chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale.


Si tratta di un delitto particolare, poiché la condotta deve essere caratterizzata dalla crudeltà oppure dalla non necessità.


Sarà opportuno, dunque, valutare caso per caso le circostanze del caso concreto per verificare se il reato possa dirsi integrato o meno.

Anche l’art. 638 c.p. prevede un reato – a tutela del patrimonio contro le lesioni commesse con violenza alle cose o alle persone –, il quale punisce, con la reclusione e la multa, chiunque, senza necessità, uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali altrui.


Il delitto in esame è punito solo qualora la persona offesa sporga querela, salvo che il fatto non sia aggravato perché commesso con le modalità indicate al comma 2.


Infine, la contravvenzione dell’art. 672 del codice penale - che tutela l’incolumità delle persone – punisce, con una mera sanzione da euro 25 ad euro 258, chiunque lascia libero o non custodisce con le giuste cautele, oppure affida a persone inesperte, animali pericolosi.


Viene ugualmente punito anche chiunque abbandona in luogo aperto o comunque lascia senza custodia animali da tiro, da soma o da corsa.

Altresì si punisce anche chi aizza o spaventa animali, in modo da arrecare pericolo all’incolumità pubblica.


Si ricorda che la responsabilità può derivare sia per un fatto commesso attivamente sia per l’aver omesso un comportamento. Quest’ultimo caso si configura, ad esempio, quando non si adottino le cautele necessarie a prevenire un danno o una lesione.


Pertanto, il proprietario dell’animale aggressore potrebbe essere ritenuto responsabile e, quindi, obbligato a risarcire il danno per la lesione o la morte arrecata all’altro animale.


Si dovranno sempre valutare le circostanze del caso concreto ed analizzare ogni utile elemento.

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