Le clausole vessatorie nel diritto dei consumatori




Il diritto dei consumatori prevede una serie di disposizioni che vanno a sostituire ed implementare le norme del codice civile al fine di tutelare il consumatore, che è considerato la parte debole del rapporto di lavoro.

Queste norme sono contenute nel cd. codice del consumo (d.lgs.vo n. 206/2005).

Il codice del consumo si applica ogni qualvolta un’azienda o un imprenditore concludono un contratto con un consumatore, cioè con una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale (art. 3, lett. a) cod. cons.).

Il principio fondamentale del codice del consumo è la tutela del consumatore, attraverso la costruzione di una serie di garanzie e diritti inderogabili, che diventano livello minimo del contratto da concludere.

Tra le principali norme contenute nel codice del consumo, il legislatore ha previsto una tutela particolare nel caso di previsione delle clausole vessatorie, cioè di clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (art. 33 cod. cons.).

Nella normativa del codice civile le clausole vessatorie per essere valide devono essere semplicemente sottoscritte specificatamente dalla parte mediante la cd. doppia sottoscrizione (art. 1341, co. 2 c.c.).

Nel codice del consumo, invece, le clausole vessatorie sono nulle in ogni caso, anche se dotate di doppia sottoscrizione.

Il codice del consumo distingue alcuni tipi di clausole vessatorie: clausole che si presumono vessatorie (art. 33, co. 2 cod. cons.), clausole che possono dirsi vessatorie in base ad una valutazione della natura bel bene o servizio, delle circostanze esistenti al momento della sua conclusione, delle altre clausole del contratto

La nullità che colpisce le clausole vessatorie del codice del consumo è detta nullità di protezione, in quanto (a differenza della nullità prevista dal codice civile) opera solo a vantaggio del consumatore (art. 36, co. 3 cod. cons). Il giudice può comunque rilevare tale nullità d’ufficio nel corso del processo proprio al fine di garantire una tutela maggiore al consumatore leso nei suoi diritti inderogabilmente previsti dal codice del consumo.

Anche altre clausole sono soggette al regime della nullità di protezione, nonostante siano state approvate per iscritto. Si tratta di clausole che non possono essere apposte al contratto, a pena di nullità delle stesse, poiché hanno l’effetto di:  a)  escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista; b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista di un'altra parte in caso di inadempimento totale   o   parziale   o   di adempimento inesatto d parte del professionista; c) prevedere l'adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.

Dunque, la disciplina del diritto dei consumatori crea un contenuto minimo inderogabile del contratto, posto a tutela del consumatore a fronte del fatto che egli, nella contrattazione con l’azienda o il professionista, sia un soggetto debole, in quanto non può modificare le clausole contrattuali o comunque non ha – nella maggior parte dei casi - ampio potere negoziale.

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