LA COPIA DI UN ATTO ORIGINALE NON ESISTENTE NON INTEGRA IL REATO DI FALSO



Con sentenza n. 35814/2019 le Sezioni unite della Cassazione si sono espresse in tema di falso materiale con riferimento alla fotocopia di un atto inesistente in originale.


L’annosa questione, per nulla di facile soluzione, è stata oggetto di discussione tra i giudici ed i giuristi.


Un primo orientamento affermava che la mera utilizzazione di una riproduzione fotostatica (copia) di un atto inesistente non è sufficiente ad integrare il reato di falsità materiale.


Per configurarsi il reato sono richieste ulteriori sembianze di forma e di sostanza tali che il documento appaia come originale oppure come copia autentica o che sia che sia confezionata in modo tale da renderla specificatamente dimostrativa dell’esistenza dell’atto.


Opposto indirizzo, invece, ritiene che basti l’utilizzazione della copia fotostatica quale falsa rappresentazione dell’atto originale per integrare il reato.


Quest’ultimo indirizzo si fonda sul presupposto che l’esibizione di una tale fotocopia implica la falsa formazione dell’atto al fine, appunto, di trarne copia.

La Cassazione a Sezioni Unite si è, dunque, espressa con la sentenza n. 38514/2019 per dirimere il contrasto insorto.


Il caso sottoposto all’attenzione aveva visto imputato un privato per aver esibito, in una pratica di leasing finanziario, una falsa fotocopia di un’autorizzazione edilizia mai esistita. La fotocopia era stata esibita semplicemente, senza alcuna attestazione di autenticità.


La Cassazione a Sezioni Unite ha, dunque, affermato il principio di diritto secondo il quale secondo il quale la formazione della copia di un atto inesistente non integra, di per sé, il reato di falsità materiale, salvo che la copia assuma l’apparenza di un atto originale.


Per integrare reato serve un quid pluris, cioè che la fotocopia abbia l’apparenza di avere un corrispondente atto originale o della copia conforme allo stesso.


In altre parole, non è punibile il comportamento di contraffazione di una copia inesistente di un atto inesistente, ma è sanzionabile solo quando la copia dell’atto inesistente abbia caratteristiche tale da apparire un originale.


Solo in questo caso è leso il bene giuridico della fede pubblica che il codice penale tutela, in quanto solo in questa ipotesi è possibile trarre in inganno i terzi di buona fede.


Nonostante la pronuncia riportata, si ricorda che la condotta di falsificazione potrebbe comunque integrare un diverso reato in considerazione delle circostanze in cui è posta in essere, come ad esempio il delitto di truffa qualora sussistano artifici e raggiri tali da porre in errore un soggetto ed indurlo ad una locupletazione.

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