LA COLLOCAZIONE DEI FRATELLI NEI CASI DI SEPARAZIONE E DIVORZIO



La corte di Cassazione con ordinanza n. 12957 del 24 maggio 2018 si è per la prima volta interrogata con riguardo alla collocazione medesima o differente dei fratelli e delle sorelle nei casi di separazione e divorzio.

Tale decisione ha essenzialmente recepito quanto già da tempo i giudici delle corti inferiori applicavano nell’assunzione di questo tipo di provvedimenti, arrivando ad affermare che in linea generale sia necessario conservare il rapporto tra fratelli e sorelle adottando provvedimenti di affidamento che non comportino la loro separazione, salvo tali provvedimenti siano contrari all’interesse della prole.

La Corte di Cassazione nell’ordinanza di maggio 2018 ha, dunque, sostenuto che innanzitutto il giudice debba valutare l’idoneità genitoriale del genitore affidatario e poi successivamente tendere alla conservazione del legame tra fratelli e sorelle.

Per prendere queste decisioni il giudice deve tenere conto anche della volontà del figlio, provvedendo a sentirlo secondo quanto disposto dall’articolo 315 bis del codice civile. La volontà del figlio, che in questo modo partecipa attivamente al processo venendo ascoltato direttamente dal giudice, ha rilevanza fondamentale nell’assunzione dei provvedimenti necessari. Compito primario del giudice, prima ancora di garantire la fraternanza e la sorellanza, è quello di emettere provvedimenti che garantiscano il superiore interesse della prole.

Talvolta, il collocamento dei fratelli e delle sorelle presso lo stesso genitore potrebbe essere pregiudizievole per uno dei figli. Ad esempio, quando uno dei figli manifesti al giudice forte disagio nell’abitare presso la madre o il padre, rifiutando completamente il genitore in questione oppure quando la condotta del genitore sia pregiudizievole per il minore.

Dunque, si ritiene che nella risoluzione delle cause di affidamento sia preminente, rispetto alla collocazione presso lo stesso genitore dei fratelli e delle sorelle, l’interesse morale e materiale della prole (articolo 337 ter, comma 1 e 2 del codice civile), il quale è faro per l’adozione delle decisioni da parte del giudice. 

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