L'assegno di mantenimento



L’assegno di mantenimento spetta anche all’ex coniuge che ha iniziato una nuova convivenza: commento alla recentissima sentenza della Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sent. 5 novembre 2021 n. 32198

Le sezioni Unite hanno posto fine un annoso contrasto giurisprudenziale, imponendo un nuovo principio di diritto. 

I fatti sono i seguenti: l’ex moglie ha presentato ricorso davanti alla Cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Venezia che aveva “escluso l’obbligo in capo all’ex marito di corrispondere alla signora T. un assegno divorzile, fosse esso in misura pari a quanto riconosciuto in primo grado o anche inferiore, avendo costei instaurato, per sua stessa affermazione, una stabile convivenza con un nuovo compagno, da cui aveva avuto una figlia”. Nel decidere questo la corte aveva preso a riferimento il principio affermato dalla Cass. n. 6855 del 2015, in base alla quale qualora l’ex coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento instaurasse una nuova relazione e costituisse una nuova famiglia, anche di fatto, rescindendo ogni relazione con il tenore e modello di vita della precedente, si sarebbe visto escludere dal diritto al mantenimento, come dispone l’art. 5 c.10 della legge sul divorzio. 

Ciò in quanto la nuova famiglia viene vista come espressione di una nuova scelta esistenziale dell’individuo ed esclude ogni residuo obbligo solidaristico con il precedente coniuge o famiglia. 

L’istante, quali fatti a sostegno del ricorso, ha presentato la sua situazione alla Corte: nel corso del matrimonio, durato nove anni, la signora rinunciava a ogni attività professionale, volendo dedicarsi ai due figli e sollevare così l’ex marito dai pesi familiari per permettergli di dedicarsi alla carriera, gesto che gli permetteva di diventare amministratore di una grande impresa calzaturiera e aumentare così notevolmente i suoi guadagni.

Separatasi, ella andava a vivere presso il nuovo compagno con i due figli, avendo anche un’altra figlia dal nuovo amore. Non potendo comunque lavorare, ella viveva solo dell’assegno di mantenimento e dello stipendio del compagno, gravato del mutuo per la casa.

La Corte, dopo aver compiuto un lungo excursus storico sugli orientamenti giurisprudenziali susseguitisi in materia, ha dovuto creare un nuovo principio di diritto, per cercare di pacificare i contrasti, dato il silenzio del legislatore.

Fino a poco fa, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, l’ex coniuge che intraprendeva una nuova convivenza, perdeva definitivamente il diritto a percepire l’assegno di mantenimento che gli fosse stato attribuito dalla sentenza di divorzio. 

Analizzando la fattispecie in esame, la Corte ha rilevato che “ L’analisi della sorte dell’assegno di divorzio, nel caso in cui il beneficiario instauri una stabile convivenza di fatto,[…] deve prendere le mosse e porsi in linea di coerenza e continuità infatti proprio con la ricostruzione recentemente fornita dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 18287 del 2018, in ordine alla funzione dell’assegno, non esclusivamente assistenziale ma in pari misura compensativa e perequativa, ed ai criteri per determinarne sia l’attribuzione che la quantificazione, e con la riaffermazione in essa contenuta del principio della solidarietà post-coniugale, nella sua aggiornata lettura di solidarietà del caso concreto”. L’assegno divorzile quindi deve essere attribuito per ragioni dettate dal caso concreto, in quanto l’ex coniuge beneficiario “non fruisca di mezzi adeguati, e non sia in grado di procurarseli autonomamente e non per sua colpa, un assegno di divorzio che sia commisurato anche al contributo prestato alla formazione del patrimonio familiare e dell’ex coniuge”.

Quindi, la Corte di Cassazione ha espressamente sancito il diritto dell’ex coniuge beneficiario a vedersi comunque riconosciuto il diritto al mantenimento, salvo il caso in cui non incorra in nuove nozze. Ciò perché la corte ha inteso valorizzare “il contributo dato dall’avente diritto al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge, nel diverso contesto sociale di riferimento”.

Cosa significa questo?

Il giudice non potrà automaticamente far cessare il diritto all’assegno di mantenimento, ma dovrà compiere una valutazione, i cui criteri non saranno più solo di natura assistenzialistica, ma anche compensativa: se l’ex coniuge beneficiario, a prescindere dalla nuova convivenza, abbia in passato compiuto dei grossi sacrifici personali o economici per la famiglia, e se il precedente matrimonio ha avuto lunga durata, ecco che egli manterrà il diritto al mantenimento, compensando quindi i sacrifici fatti in passato. 

I giudici quindi dovranno tenere conto del progetto di vita familiare che gli ormai ex coniugi intendevano intraprendere e quali sacrifici avessero sopportato per il benessere familiare: il richiedente assegno dovrà provare che il suo sacrificio ha contribuito alla vita familiare, al patrimonio familiare e all’aumento di opportunità di crescita professionale per l’ex coniuge. 

C’è un limite: il coniuge obbligato a versare l’assegno sarà ancora tenuto a farlo, ma la nuova relazione del coniuge beneficiario inciderà sull’ammontare dell’assegno.

Infatti, come dice la Corte:” L’instaurazione di una nuova convivenza stabile, frutto di una scelta, libera e responsabile, comporta la formazione di un nuovo progetto di vita con il nuovo compagno o la nuova compagna, dai quali si ha diritto a pretendere, finché permanga la convivenza, un impegno dal quale possono derivare contribuzioni economiche che non rilevano più per l’ordinamento solo quali adempimento di una obbligazione naturale, ma costituiscono, dopo la regolamentazione normativa delle convivenze di fatto, anche l’adempimento di un reciproco e garantito dovere di assistenza morale e materiale

Quindi, nel determinare l’importo dell’assegno, il giudice dovrà valutare anche quali siano le nuove condizioni economiche del beneficiario, se esse cioè siano migliorate grazie alla nuova convivenza. 

All’esito della valutazione, il coniuge potrebbe anche vedersi tolto il diritto a ricevere l’assegno, se effettivamente il giudice ravvisasse un miglioramento economico dato dalla nuova convivenza. 

Se invece l’ex coniuge risulti comunque privo di mezzi di sostentamento adeguati e non sia in grado di procurarseli a causa di motivi oggettivi, come l’età o le condizioni di salute, allora vedrà conservato il suo diritto a ricevere il mantenimento. Infatti, “se il coniuge più debole ha sacrificato la propria esistenza professionale a favore delle esigenze familiari, è ingiusto che egli perda qualsiasi diritto ad una compensazione dei sacrifici fatti solo perché, al momento del divorzio o prima di esso, si è ricostruito una vita affettiva”.

I giudici quindi dovranno operare anche un accertamento sulla stabilità della convivenza e sulla sua decorrenza: infatti, sia per vedere riconosciuto il diritto del richiedente assegno, che per rimodulare l’obbligo del coniuge onerato, i giudici dovranno vagliare la stabilità della coppia convivente (ad esempio, indagando se i conviventi hanno conti cointestati, ovvero se hanno dei figli), comparandola con la durata del precedente matrimonio e con il relativo progetto di vita familiare (la scelta del regime patrimoniale coniugale, il sacrificio di uno dei coniugi in favore dell’altro.) 

Infine, la Corte apre la strada al raggiungimento, in sede di divorzio, di un accordo tra le parti volto a creare un “contributo una tantum per la ripartenza” post crisi coniugale. 

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